I contenuti rappresentano il 4° dei 6 livelli, stadi o pilastri della SEO.
Per contenuti intendo qui qualunque risorsa web associabile ad una URL che abbia uno scopo comunicativo di qualche tipo: informare, persuadere, far compiere una determinata azione, divertire, ispirare o altro.
Come dicevamo nella introduzione ai 6 pilastri, se l’architettura informativa rappresenta la muscolatura del sito, i contenuti ne sono il “cuore“, la parte e-motiva, nel senso che smuove (l’utente) , modificando la sua esperienza, il suo stato emotivo e di conoscenza o la sua attenzione portandola verso nuovi stati o direzioni.
La chiave per impadronirti del livello dei contenuti
La qualità più profonda ed essenziale del contenuto, che racchiude la chiave di volta per la padronanza di questo pilastro, è la rilevanza. Come si evince dalla definizione treccani del termine
/rile’vantsa/ s. f. [der. di rilevante]. – [la caratteristica di essere di notevole importanza o anche gravità, spec. riguardo a determinati fini: la rilevanza politica di un incontro internazionale] ≈ importanza, peso, rilievo, significato, spessore….
La rilevanza è sempre relativa ad un fine od uno scopo che, nel nostro caso, coincide con la soddisfazione di un bisogno o intento di ricerca dell’utente (P1) oppure l’adempimento di un determinato compito o azione sul sito. Rispetto a questi fini un contenuto può essere più o meno importante, significativo e di spessore, per riprendere alcuni dei sinonimi associati al termine “rilevanza” .
La massima realizzazione che può essere raggiunta in questo ambito di azione, per un SEO, è quella di riuscire a rendere il più possibile rilevanti, significativi, importanti i contenuti del proprio sito/cliente, rispetto agli intenti di ricerca degli utenti (e farlo – idealmente – in misura maggiore di quanto riescano a farlo i siti concorrenti).
La capacità di riconoscere e apprezzare la rilevanza di un contenuto è qualcosa che viene abbastanza naturale agli esseri umani, molto meno ai motori di ricerca, ed è il motivo per cui da sempre Google si serve di stuoli di “Quality Raters” assoldati per valutare la qualità dei risultati offerti dagli algoritmi di ranking.
Senza essere alimentato continuamente da un feedback “umano” di questo genere, nessun sistema computazionale sarebbe in grado, da solo, di cogliere il significato, lo spessore e l’importanza di un contenuto su vasta scala e farlo in tempi utili/ragionevoli.
In che modo i contenuti poggiano sui livelli precedenti
Se hai già letto le voci relative ai primi tre pilastri, ti sarà ormai chiaro come anche questo stadio (P4) includa al suo interno tutti i pilastri precedenti ( P1-P3) per trascenderli in qualcosa di totalmente nuovo, più complesso internamente e con maggiore profondità dei precedenti 3.
Perché un contenuto sia non solo fisicamente raggiungibile da un utente, ma anche in grado di guadagnare buone posizioni sui motori di ricerca (in senso quanti-qualitativo) è necessario che poggi rispettivamente su:
- una solida e ben ragionata architettura informativa (P3)
- una piattaforma tecnicamente ottimizzata (P2)
- una base di ricerche (query, bisogni e intenti) (P1)
Più i pilastri sottostanti sono stati ben lavorati, e maggiore sarà l’efficacia (il potenziale di visibilità in questo caso) del contenuto.
Vediamo come questo accade con un esempio limite in cui un contenuto poggia sulle giuste ricerche (P1), un’ottima piattaforma tecnica (P2) ma una pessima architettura informativa (P3).
In una formula P4 = P1 + P2 – P3
Un esempio di sbilanciamento dei pilastri
Immagina di realizzare un contenuto di estrema qualità e valore, potrebbe essere ad esempio un articolo long-form di 5000 parole molto ben strutturato e rilevante (P4) rispetto ad un tema che è oggetto di molte ricerche (P1).
La piattaforma tecnica su cui il sito poggia è ottimizzata alla perfezione (P2), quindi totalmente accessibile in ogni sua parte, eppure l’architettura informativa (P3) prevede che il contenuto sia “imboscato” in una voce di menu di 3° livello, che apre una pagina di categoria all’interno della quale, dopo aver cliccato per 5 volte nel link di paginazione “pagina successiva” , troverai il tuo bel contenuto.
In sostanza, in questo scenario sono necessari per te utente e per un bot del motori, qualcosa come 7 clic dalla HP per raggiungere il contenuto.
Nota che i link sono perfettamente accessibili dal punto di vista tecnico (P2) ma sono 7 link di fila, il che significa 7 porte da aprire e 7 stanze diverse da attraversare per raggiungere quella in cui è presente l’articolo.
Se, proseguendo nella metafora “alberghiera”, noi avessimo trovato il nostro contenuto nella Hall dell’albergo (homepage del sito), in bella vista, non avremmo avuto problemi a individuarlo, per quanto ampia e affollata possa essere (nei limiti del buon senso).
Se il nostro contenuto fosse stato nell’attico, o al primo piano (primo livello di navigazione), lo avremmo trovato con un giro di ascensore (un link).
Nel nostro scenario invece dobbiamo rispettivamente:
- entrare nella Hall,
- salire all’ultimo piano,
- entrare in un’ampia stanza del primo piano, quindi
- entrare in una seconda stanza all’interno di questa,
- e poi in un altra contenuta in questa, e
- cos’ via in una matriosca di altre 5 stanze prima di arrivare a quella che ospita l’agognato contenuto.
Questo è ovviamente un caso estremo, ed esistono innumerevoli gradi di variazione di questo fenomeno. Ma esso vale per ogni contenuto pubblicato sul web.
Morale della favola e applicazione pratica
I contenuti, al di là del loro valore intrinseco, si portano sempre dietro le conseguenze di una determinata architettura informativa.Click To TweetE’ per questo motivo che il medesimo contenuto, collocato in posizioni diverse del medesimo sito o in un altro sito con diversa architettura, può avere prestazioni radicalmente diverse sulla ricerca organica.
La prossima volta che ti trovi a che fare con un contenuto di elevatissima qualità, che supera brillantemente non solo i test di Panda ma anche quelli di Expertise, Autorevolezza e Affidabilità – descritti con l’acronimo di EAT nelle linee guida di Google – ma non si posiziona manco di striscio, le prime domande che dovranno affiorare alla tua coscienza sono:
- quanto è robusta e ottimizzata l’architettura informativa che ospita questo contenuto?
che a sua volta dipende da - quanto è ottimizzata la piattaforma tecnica? Ci sono impedimenti di qualche tipo tra i bot e il contenuto?
che a sua volta poggia su - quanto è cercato, in questo periodo storico, il particolare termine o classe di termini per i quali ho ottimizzato il mio super-contenuto?
Nel rispondere a queste domande potresti individuare probabilmente delle falle o aree di debolezza in qualcuno dei pilastri precedenti. Se questo non avviene, il limite potrebbe dipendere dai pilastri superiori, perchè – come dicevamo nell’ introduzione ai pilastri – ogni livello della serie P1-P6 influisce su tutti gli altri.
Al livello successivo di evoluzione dei pilastri, P4 è incluso in P5. Vediamo quindi adesso in che senso il contenuto è incluso a sua volta nella link equity.